Molti autotrasportatori siciliani stanno lavorando in perdita e non si sa fino a quando sarà possibile andare avanti. Il motivo è presto detto: il prezzo esorbitante dei carburanti che, nonostante gli interventi governativi per calmierare gli aumenti, è ancora troppo alto per sostenere i costi di trasporto. Costi che, per quanto riguarda la Sicilia in particolare, sono aggravati dalla cronica mancanza di infrastrutture adeguate e dal pedaggio autostradale tra i più alti in Europa.

La situazione è stata riassunta dall’edizione online del Quotidiano di Sicilia, che cita i dati dell’ufficio studi della Cgia, secondo i quali in Sicilia operano 7.673 aziende di trasporto, con le città di Palermo e Catania tra le prime in Italia per numero di aziende registrate (la sola Palermo è al quinto posto a livello nazionale). E se il costo del carburante incide per il 30 per cento sul totale, allora è chiaro come la situazione attuale – con il prezzo alla pompa che è stato fino a qualche settimana fa vicino ai 2 euro per benzina e diesel – sia davvero complessa.

Gli autotrasportatori siciliani e il contesto infrastrutturale

Secondo la stessa Cgia – si legge nella ricostruzione di QdS – una soluzione potrebbe essere quella di mettere un tetto al prezzo alla pompa (soluzione finora ritenuta non praticabile). Ma occorre anche prevedere azioni importanti, nel contesto del PNRR, per intervenire subito su strade e infrastrutture ed evitare che gli autotrasportatori debbano ricorrere a strade dissestate o disseminate di cantieri per le loro consegne.

In sostanza, se si contano anche bus operator e proprietari di taxi e NCC, si arriva alla quota di circa 10.000 imprese in grande sofferenza per la situazione attuale relativa al costo delle materie prime. Il tutto in un contesto come quello siciliano che per troppo tempo è stato colpevolmente lontano dai riflettori e non ha goduto di interventi adeguati.

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