Brexit

Accordo o no sulla Brexit, il transito delle merci da e verso la Gran Bretagna non avverrà più senza formalità a partire dal 30 marzo 2019. E, come ha sottolineato polemicamente Xavier Bertrand, presidente della regione Hauts-de-France (quella di Calais e Dunkerque): «È mezzanotte meno un quarto ma nessuno ha ancora idea di come festeggiare il Capodanno».

Da Parigi si ribadisce che la chiave di volta di Brexit sarà la tecnologia e che la ‘dematerializzazione dei documenti’ consentirà di affrontare le formalità di transito in modo rapido ed efficiente. Sarà, ma i volumi di traffico sono da brivido. Nel 2017, 4,2 milioni di camion sono passati da Calais (2 milioni), Eurotunnel (1,6 milioni) e Dunkerque (0,6 milioni). Senza dimenticare i 30 milioni di passeggeri, 4,8 milioni di auto e furgoni, 120 mila autobus turistici (oltre 50 mila via Eurotunnel).

Le infrastrutture sulla Manica reggeranno il colpo?

Dopo decenni di unione doganale tra Francia e Gran Bretagna, bisogna rifare tutto partendo letteralmente ‘dal prato’, detto che nelle immediate vicinanze dei tre nodi gli spazi non abbondano. Ci sono da costruire piazzali di attesa, uffici per lo sdoganamento, spazi per le ispezioni veterinarie, aree di transito doganale, alloggi per il personale civile e di polizia; senza parlare delle modifiche alla viabilità. Simulati al computer, due-tre minuti in più di formalità d’imbarco per l’Eurotunnel, in 24 ore formerebbero una colonna di camion di oltre 20 chilometri.

E in attesa che qualcuno affronti il problema, che vale 137 miliardi di euro di interscambio commerciale, gli unici segnali arrivano dalle dogane francesi che, oltre a un concorso per assumere 700 funzionari, all’incrocio tra le autostrade A16 e A26 a sud-est di Calais ha individuato 40 ettari dove dovrebbero entro gennaio cominciare i lavori di costruzione di un polo per uffici doganali, laboratori veterinari e centro analisi fitosanitaria per alimentari. Che sia sufficiente per più di 6 mila camion, si vedrà.

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