È andato in onda su Go TV (canale 63 del digitale terrestre) il 17 febbraio alle ore 20 il talk show dal titolo ‘Il PNRR è il viatico per la transizione energetica?’, prima tappa del Sustainable Tour 2022, trasmessa anche sui canali YouTube e Facebook di evenT (qui il programma 2022 della piattaforma evenT). Un momento di riflessione e confronto con alcuni dei principali protagonisti nazionali dell’autotrasporto e della logistica su un tema, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che può certamente favorire l’evoluzione di un settore chiave per lo sviluppo dell’Italia. Uno strumento che «eroga risorse per un totale di 191,5 miliardi di euro da impiegare nel periodo 2021-2026. Considerando anche le risorse messe in campo a livello nazionale, il MIMS ha a disposizione 61,3 miliardi per progetti che includono digitalizzazione, innovazione e cultura, rivoluzione verde, infrastrutture e così via. Progetti e risorse da sviluppare in armonia con gli obiettivi europei in vista del 2030 e del 2050 e finalizzati alla riduzione delle emissioni inquinanti», ha spiegato Paolo Volta, coordinatore didattico di EvenT.

Sustainable Tour: nel Pnrr abbastanza risorse per l’autotrasporto?

Tanti soldi, non c’è dubbio. Il problema è che, a fronte di oltre 36 miliardi destinati al comparto ferroviario, non è stata posta la stessa attenzione allo sviluppo dell’autotrasporto. «C’è poco spazio per il trasporto su strada nel PNRR», conferma Thomas Baumgartner, presidente di ANITA, l’associazione che riunisce le imprese di autotrasporto più strutturate. «Il rinnovo del parco circolante è una questione cruciale, secondo noi. Quello che è stato fatto finora dalle imprese, sebbene non sia sufficiente, ha dato risultati innegabili in tema di riduzione delle emissioni. E l’esperienza degli ultimi anni con il GNL ha mostrato che la disponibilità e la diffusione dei veicoli favorisce la creazione delle infrastrutture sul territorio».

sustainable tour pnrr

«Il parco circolante in Italia è tra i più vecchi d’Europa: non dimentichiamoci che sono ancora in circolazione circa 430mila veicoli ante Euro 5», sintetizza Massimiliano Perri, responsabile del mercato nazionale IVECO. «La velocità attuale di sostituzione dei veicoli più datati è troppo bassa, ci sarebbe bisogno di raddoppiare questa velocità e avvicinarci ai 40mila veicoli l’anno. Dobbiamo constatare che i fondi destinati all’autotrasporto non sono sufficienti per dare un impulso decisivo in questo senso».

Inevitabile parlare dunque di transizione ecologica, con IVECO che ha un’idea piuttosto chiara in merito. «Questo decennio vedrà la fine del monopolio tecnologico del motore a combustione interna: il futuro sarà multi-tecnologico. Noi crediamo molto nel gas, nella sua versione bio in particolare, quindi completamente ecologica, mentre riteniamo l’elettrico interessante soprattutto per il cosiddetto ultimo miglio. L’anno scorso abbiamo immesso sul mercato circa mille veicoli tra LNG e bio-LNG: abbiamo calcolato che è come se avessimo piantato circa 800mila alberi».

Serve una spinta alla digitalizzazione

Un parco circolante più moderno è anche più digitalizzato, non c’è dubbio. Digitalizzazione che implica «una logica fatta di piattaforme, di sistemi che dialogano tra loro: non a caso si parla tanto di coopetition nella letteratura di settore», racconta Alessio Sitran di Continental VDO. «Digitalizzare significa favorire l’emergere di nuove competenze da ottenere attraverso percorsi di formazione. In futuro avremo bisogno di un autista diverso, sempre meno convenzionale e sempre più una sorta di logistics manager, in grado di padroneggiare le nuove tecnologie. Fa specie, quindi, che quando andiamo a vedere la quantità di risorse destinate alla digitalizzazione nel PNRR non si arriva a 500 milioni: sono decisamente troppo pochi. C’è il rischio di perdere un’opportunità assolutamente unica perché mette disposizione ancora più risorse rispetto, per esempio, al celebre Piano Marshall».

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Chi rischia di essere tagliato fuori

Cinzia Franchini, portavoce di Ruote Libere, realtà che dà voce a medi e piccoli autotrasportatori, porta alla luce un ulteriore rischio che la suddivisione dei fondi del PNRR fa intravvedere. «Il rischio che ai piccoli imprenditori non arrivi proprio nulla. Le aziende che rappresento hanno interesse a percorrere tratte più brevi, favorendo solo l’intermodalità, quindi il treno, non potranno certo ambire a un trasporto più razionale ed efficiente. In Italia il 66% delle imprese di autotrasporto ha da 1 a 5 veicoli. Se gli strumenti che possono favorire la transizione ecologica non considerano le esigenze concrete di queste imprese, che devono fare i conti anche con l’aumento dei costi, l’intero paese rischia di perdere una grande occasione».

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