sistema portuale italiano

Per il sistema portuale italiano gli ultimi 10/15 anni sono stati un periodo di declino. I dati parlano chiaro: nel 2005 la quota della merce movimentata nei nostri porti sul totale dei sei principali Paesi portuali europei (Olanda, Spagna, Francia, Germania e Belgio, oltre l’Italia) era di quasi il 23 per cento; mentre nel 2016 era di poco superiore al 19. Nel 2005 eravamo al primo posto in questo gruppo, nel 2008 ci ha superati l’Olanda, e nel 2016 anche la Spagna. Oggi, complice la ripresa economica, i traffici stanno aumentando anche nei nostri porti. E la riforma varata dal Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Graziano Delrio, promette di migliorare la situazione.

L’autotrasporto paga le inefficienze del sistema

Già, migliorare: ma per chi? Anche le imprese di autotrasporto vorrebbero beneficiare della sospirata ripresa dei traffici. Invece, restano l’anello debole della catena, quello sul quale si scaricano le inefficienze del sistema: di qui il fermo prima annunciato poi revocato al porto più importante, quello di Genova.

Partiamo dai 2-3 lustri disastrosi o quasi che abbiamo alle spalle, così fotografati dal rapporto del Centro Studi di Confcommercio presentato lo scorso mese di ottobre a Cernobbio: «Mentre l’Europa a 28 nel 2016 ha sostanzialmente recuperato i livelli delle movimentazioni portuali antecedenti la crisi (2007), l’ Italia ha movimentato oltre 76 milioni di tonnellate di merce in meno rispetto al 2007, con un differenziale negativo del 15 per cento. Nel 2016 i porti italiani hanno registrato una battuta d’arresto rispetto al 2015, nonostante l’Europa a 28 abbia registrato un lieve incremento».

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