autotrasporto italiano

Le sempre più stringenti normative in materia ambientale rischiano di bloccare il trasporto delle merci fuori e dentro le città. Al riguardo, gli operatori del settore sono riusciti a far passare nell’opinione pubblica la consapevolezza che il parco circolante italiano è il più vecchio d’Europa (età media di 13,5 anni), il 63,1 per cento dei veicoli oltre 3,5 ton è ante Euro IV (pari a 418.668 veicoli). Solo il 12,4 per cento del parco circolante è rappresentato da veicoli Euro VI (pari a 82.274 veicoli): con questo trend ci vorranno 17 anni per sostituirli tutti. Ma la cosa più grave è che soltanto l’11,9 per cento dei veicoli è dotato dei dispositivi di sicurezza, obbligatori dal 1° novembre 2015 (frenata autonoma emergenza e mantenimento corsia).

Nonostante tutti gli investimenti promossi, non sembra ancora esserci consapevolezza sulle conseguenze di questa realtà, e cioè che il sistema dell’autotrasporto – senza adeguato rinnovo dei mezzi con i quali opera – continua ad invecchiare, perdendo ogni giorno in sostenibilità e sicurezza. La disinformazione e la distrazione generalizzate, hanno generato in molti casi effetti negativi per la percezione collettiva nei confronti dell’autotrasporto.

Dallo Stato ai lavoratori. Così ci perdono tutti

Da venti anni a questa parte gli interventi sul comparto dell’autotrasporto effettuati senza precise strategie e senza sostegno strutturale non hanno risolto nulla, mentre un numero impressionante di piccole imprese ha chiuso i battenti e una quantità non indifferente di medio grandi è emigrata, tra le cause principali la pressione fiscale, i costi di gestione (in primo luogo carburanti e lavoro) e la complessità della burocrazia.

Tutto questo ha portato gravi perdite economiche e fiscali per il nostro Paese a vantaggio di altri Paesi europei che hanno rafforzato ulteriormente il proprio sistema logistica e trasporto: negli ultimi dieci anni lo Stato ha perso 105 milioni di euro di mancato gettito fiscale, i costruttori circa un miliardo e mezzo di fatturato e l’occupazione ha visto perdere 135.000 posti di lavoro, senza contare l’indotto.

Basterebbe prendere esempio dagli altri Paesi europei

In queste condizioni, assume una notevole rilevanza che il fondo specifico per gli investimenti di 50 milioni di euro, già previsto nel Disegno di Legge di Bilancio 2019 sia confermato, al fine di trasmettere un segnale di volontà ed interesse nei confronti del settore. Di fronte alla necessità di ridurre le spese dello Stato per rientrare nei limiti imposti dalla nostra partecipazione all’Unione Europea, sarebbe comunque opportuno non penalizzare un settore strategico per il nostro Paese.

Mentre noi discutiamo ancora su tavoli diversi come suddividere eventuali risorse destinate al settore dell’autotrasporto, in altri Paesi Europei si definiscono politiche di investimento sostanziali su base continuativa per esempio in Germania e Francia si realizzano sistemi di premialità per incentivare il rinnovo del parco veicoli nell’ottica di sostenibilità ambientale e sicurezza e si offrono due anni di transito gratuito sulle autostrade (MAUT) ai veicoli ad alimentazione alternativa e ad alta innovazione tecnologica. Al tempo stesso sia in Spagna che in Germania si studia un piano di rottamazione dei veicoli ante Euro VI con sostanziali fondi dedicati.

Serve fare squadra per vincere tutti insieme

Dal punto di vista dell’occupazione e del lavoro nel settore, è poi il caso di ricordare che inquesto comparto servono addetti professionali adeguatamente preparati: dai conducenti (in Europa ne mancano, secondo le ultime informazioni, circa 180.000) ai tecnici di officina, dagli addetti alla logistica agli esperti di materie pericolose.

Tutti i soggetti attori sulla scena dell’autotrasporto italiano, di fronte alla mancanza di attenzione razionale ai gravi problemi che affliggono da tempo il settore, chiedono ai decisori politici di considerare finalmente il mondo del trasporto e della logistica come strategico per il nostro Paese e di ripristinare le forme di sostegno destinate al rinnovo tecnologico del parco circolante italiano, consentendo così a questo settore di diventare maggiormente competitivo nello scenario europeo, più sicuro e meno impattante per l’ambiente. Solo lavorando insieme è possibile definire una strategia vincente per l’economia del Paese.

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