camionista

Si è fermato in un’area di servizio di Castel San Pietro, nel bolognese, dopo un lungo viaggio iniziato dal porto di Salonicco, in Grecia. Ma qualcosa non andava. Le urla che ha iniziato a sentire, prima tenui e poi sempre più forti, non provenivano né dai campi vicini né dal piazzale antistante.

Il camionista 62enne di origini serbe ha quindi realizzato che le voci provenivano dal semirimorchio del suo tir, una cella frigorifera carica di feta.

Aprendo i portelloni, la scoperta: sei migranti afghani, in stato di shock e quasi assiderati a causa delle temperature proibitive del cassone refrigerato.

Il camionista serbo, dipendente presso un’azienda di logistica ungherese, ha subito chiamato i soccorsi. Il personale medico, giunto sul posto tempestivamente ha poi trasportato d’urgenza i sei profughi nel vicino Ospedale di Imola, dove sono stati accolti.

Erano tutti molto scossi, in evidente stato di denutrizione e malati di scabbia. Dopo essere stati sottoposti al tampone e aver ricevuto le prime cure, cinque di loro sono stati trasferiti presso un Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS). Il sesto, risultato positivo al Covid-19, è in sorveglianza sanitaria.

Dovrà trascorrere la quarantena in isolamento fiduciario presso un albergo di Imola. A titolo informativo il periodo di quarantena, nonostante le proposte su una sua ipotetica riduzione di cui si è vociferato in questi giorni, è ancora di 14 giorni.

Dopo essere stato interpellato dai carabinieri di Castel San Pietro il camionista serbo, che stava viaggiando verso il porto di Ancona, è risultato essere estraneo ai fatti. I carabinieri del Nucleo operativo radiomobile di Imola hanno comunque avvisato l’Autorità giudiziaria sui fatti. A tal proposito sono state avviate delle indagini per far luce sulla vicenda dei sei migranti, iniziata in Grecia e proseguita su tutta la rotta balcanica e conclusasi, quasi per miracolo, senza sfociare in tragedia.

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