ZEROGRADI, la quarta edizione: riflettori accesi sul freddo

Trasportare a temperatura controllata vuol dire, in soldoni, ridurre al minimo tutte quelle criticità che, per una serie di motivi, possono insorgere durante un traporto ‘delicato’, in particolare quello degli alimenti. Ma sarebbe un errore pensare che nel trasporto a temperatura controllata ci sia soltanto una responsabilità del vettore perché, in realtà, si tratta di controllare un’intera filiera, che parte dal produttore e arriva al consumatore finale. Una catena che deve assicurare la giusta temperatura di conservazione dei prodotti nella fase di produzione, in quella di stoccaggio in piattaforme refrigerate, sino ai magazzini di vendita e ai frigoriferi dei clienti finali passando, ovviamente per il trasporto. Se poi ciò avviene con un occhio attento alla sostenibilità ambientale meglio ancora.

Sono stati questi i temi dello workshop “Zerogradi . Il Freddo sostenibile: la catena del freddo, dal produttore al consumatore” organizzato da Tforma a Legnano e promosso quest’anno da Lamberet con la collaborazione di DAF e Volkswagen Veicoli Commerciali

L’ultimo anello della catena del freddo, il consumatore finale

Dunque, per parlare di ‘catena del freddo’ si deve partire dall’ultimo ‘anello’, quel consumatore finale che deve o dovrebbe sempre essere garantito da tutti quelli che sono i precedenti ‘anelli’ della catena, dai produttori, ai vettori, ai commercianti. Così uno chef  ha aperto, di fatto, la discussione, raccontando quali siano i controlli sul cibo che ogni giorno arriva nelle sue cucine e ammettendo che è di fatto obbligato ad avere fiducia in chi quel prodotto, ha trasportato, ha stivato e, naturalmente, ha prodotto. Questo, secondo Daniele Testi, Presidente di SOS Logistica, che si è confrontato con lo chef, può essere un problema e ha ammesso che i ‘logistici’ si occupano un po’ troppo poco del consumatore finale e quindi un’etichetta che possa riportare la ‘storia’ non solo del prodotto per come è fatto, ma anche per come è stato gestito sarebbe un vero passo avanti.

Essere green è un costo o un’opportunità?

Sull’onda delle dichiarazioni dei primi due ospiti si è aperta la tavola rotonda con la domanda: ‘green è un costo o un’opportunità?’  Domanda che ha permesso ai partecipanti di dare il proprio punto di vista. Così, Donatella Prampolini, Vicepresidente di Confcommercio, ma anche commerciante essa stessa, ha dato due risposte molto chiare: da una parte essere green, o comunque servirsi di fornitori certificati, ha un costo elevato che non sempre può essere preso in considerazione,  dall’altro, parlando come commerciante ha detto che chi riceve la merce si aspetta che nei passaggi precedenti siano stati fatti tutti i controlli necessari, perché non basta una certificazione, occorrono anche verifiche che troppo spesso latitano.

L’argomento costi è stato ribadito anche da Simona Ubbiali, di FAI, e Dirigente di Brivio & Viganò: “essere green o eco – ha detto – vuol dire investire in ricerca, in persone, in formazione, perché lavorare nel freddo è una responsabilità sociale e, bisogna offrire assets ai clienti; per esempio, avere autisti e mezzi propri. Dunque, vuol dire investire, e molto, in un periodo in cui i margini sono ridottissimi”.

ZEROGRADI, la quarta edizione: riflettori accesi sul freddo

Le istanze dei costruttori, considerazioni a tutto campo

Dei costi, della ricerca per un trasporto sempre più sostenibile hanno parlato anche i costruttori come Paolo StaraceA.D. di DAF Veicoli Industriali e Daniele Toniolo, Responsabile Marketing di Volkswagen Veicoli Commerciali.

“La nostra azienda – ha detto Starace – sta investendo risorse davvero importanti per andare verso un futuro pulito anche se, a oggi, non c’è nessuna rispondenza tra ricerca e domanda di mercato. Stiamo lavorando nella speranza di ‘intercettare’ il business negli anni futuri, nell’attesa di vedere spuntare nuove infrastrutture alle quali potersi appoggiare. Ci vorrebbe un intervento deciso delle Istituzioni, per favorire l’acquisto dei nuovi veicoli, ma anche solo per far capire, per esempio, che un veicolo elettrico non produce inquinamento acustico e quindi potrebbe lavorare di notte, abbattendo i costi, riducendo il traffico e quindi l’inquinamento. Senza questi interventi perché un’azienda dovrebbe acquistare un veicolo elettrico che, attualmente,  costa tre volte un camion a motorizzazione Diesel?”.

Dello stesso avviso è Daniele Toniolo il cui gruppo industriale, punta decisamente sull’elettrico e sulle nuove tecnologie, visto che la propria gamma riguarda l’ultimo miglio, vero ‘regno’ di questo tipo di motorizzazione. Anche Toniolo invoca un intervento delle Istituzioni e cita l’esempio norvegese dove, grazie agli incentivi, lo scorso anno il numero delle automobili elettriche acquistate è stato maggiore di quello delle vetture a motorizzazioni tradizionali. “I costruttori – ha detto Toniolo – devono crederci e prepararsi a un cambiamento epocale, a una rivoluzione del progetto industriale, perché costruire veicoli a batteria non è come costruire veicoli a motore endotermico, perché devono essere diversi i servizi e la mentalità di vendita”.

Non guardare ai costi, ma all’efficienza. Le aziende virtuose si distinguono

Chi è partito da presupposti diversi è Ismaele Iaconi, Commercial Marketing Director di Lamberet Italia, che non vuole parlare di costi maggiori, ma di efficienza dei prodotti e cita alcuni dei must del codice genetico di Lamberet come, per esempio, quello di usare un cuore di poliuretano, che è attualmente il materiale che assicura la minor dispersione in assoluto. “Una minore dispersione e conducibilità termica che permette ai motori di refrigerare il vano di carico consumando di meno, quindi favorendo l’ambiente. Ma di risparmio possiamo parlare anche nel caso dei semirimorchi, perché siamo riusciti ad abbattere del 50 per cento i consumi, grazie a una serie accorgimenti aerodinamici, oppure del progetto sull’elettrico che abbiamo in corso insieme con Volskwagen e Thermo King a Firenze, dove presto potranno entrare in centro soltanto veicoli ecocompatibili”.

Insomma, per Ismaele Iaconi le tecnologie ci sono ma vanno elaborate e applicate in sinergia con tutti i player della filiera, perché parliamo anche e soprattutto di responsabilità sociale. In chiusura dell’incontro è stato consegnato lo ZEROGRADI AWARD, prima edizione di un premio che, voluto da Lamberet, intende premiare le eccellenze della filiera, una tra gli operatori di logistica e trasporti, l’altra tra le aziende di produzione agroalimentare. I premi, costituiti da un trofeo in acciaio e plexiglass, realizzato in esclusiva da Anna Acito, Art Director di ACITOINOX, sono andati al Gruppo TN Torello e a La Fattoria della Piana.

ZEROGRADI, la quarta edizione: riflettori accesi sul freddo

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