Si chiamava Écotaxe ed era il pedaggio chilometrico per i mezzi pesanti che la Francia avrebbe dovuto applicare entro la fine del 2015. Votata nel 2014, protagonista di un superappalto miliardario che vide coinvolto il gruppo italiano Autostrade, l’Ecotaxe naufragò disastrosamente sotto la spinta delle proteste di piazza di camionisti e agricoltori della Bretagna.

Ma la tassa non è ancora sparita, come ha confermato a fine 2016 la sentenza del Consiglio di stato di Parigi, che ribadisce come l’Écotaxe sia semplicemente sospesa, non abrogata. Un trucco burocratico per coprire l’enorme buco aperto nelle casse del Tesoro francese.

Basti pensare che ancora oggi 160 dei 173 portali per rilevare il transito dei camion lungo le strade francesi (costati un milione l’uno) sono al loro posto, in attesa che si decida cosa farne, senza dimenticare i 986 pannelli a messaggio variabile sulle autostrade, le oltre 700 mila unità di bordo da installare sui camion accatastate nei magazzini e il gigantesco centro di elaborazione dati con 770 server allestito a Metz. Apparato che nessuno vuole.

Il ministero degli Interni francese ha rinunciato a rilevarlo, a costo zero, per monitorare il traffico realizzando una sorta di Tutor nazionale: i costi di gestione e manutenzione annua, superiori a 300 milioni, non ne giustificherebbero l’uso.

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