Vuoi per la prolungata e poco brillante stagione del settore cava cantiere imbrigliato in una crisi che in Italia si è tradotta in un tracollo delle vendite, ma anche da un anno e mezzo abbondante a questa parte per le limitazioni e le problematiche imposte dalla pandemia, fatto sta che da tempo non salivamo a bordo del MAN TGS, lo specializzato del Leone di Monaco per le mission off-road. L’ultima prova, infatti, risaliva addirittura alla primavera del 2015 (Vado e Torno n.3), sei anni fa. Con tutto quel che in questo periodo è accaduto in Italia e nel mondo, un’era geologica fa. I grafici tecnici e di rendimento, insieme a molte altre chicche, come di consueto sono disponibili anche sul numero sfogliabile di luglio-agosto 2021.

MAN TGS, in cabina è tutto nuovo

Con il lancio della nuova generazione di pesanti Man a inizio 2020, poco prima che il mondo cominciasse la battaglia più difficile contro il Covid, l’occasione per riannodare i fili del discorso mettendo sotto esame il nuovo Tgs, era per noi imperdibile. Eccoci dunque, in un’assolata, caldissima giornata di primavera inoltrata, al volante del quattro assi 8 per 4, allestito con vasca ribaltabile Andreoli e equipaggiato con la cabina ridenominata Nn, vale a dire la versione più corta di 1.880 millimetri di lunghezza esterna per 2.240 di larghezza (1.770 e 2.070 millimetri, quelle rispettive interne), con tetto normale.

MAN TGS

Soluzione ideale a garanzia della migliore allestibilità. E proprio in cabina si concentrano importanti novità. Rispetto al precedente modello, infatti, cambia completamente il layout: la plancia abbandona la forma sostanzialmente lineare per assumerne una, più elegante e ricercata, che idealmente abbraccia l’autista, e a lui rivolge comodamente interruttori e comandi. Compreso quello del freno di stazionamento elettronico. In termini di funzionalità e praticità, il balzo è notevole.

MAN TGS, un paio di soluzioni inedite

E poi c’è il digital cockpit da 12,3 pollici, il volante con i comandi integrati, l’inedito Smart Select, completo di poggiapolso, che consente di navigare nel sistema multimediale. E per non farsi mancare nulla, sulla tasca della porta autista, un set di quattro interruttori (programmabili a scelta) comandabili dall’esterno, cioè da terra. Insomma, a bordo del Tgs 41.510 si respira un’atmosfera diversa, chiaramente improntata al comfort dell’autista, alla necessità di garantirgli una postazione di lavoro che agevoli l’operatività nel quotidiano, riducendo lo stress. Il discorso porta dritto alla sicurezza.

Tema importantissimo sempre e in ogni situazione, ma che le insidie e le difficoltà di un terreno off-road quale è quello di una cava rendono ancora più strategico. Ebbene, il Tgs non scende a compromessi in materia. A una driveline collaudata e dal rendimento eccellente in termini di efficienza, si affianca un ricco bouquet di sistemi e funzioni di assistenza (Ebs, Esp, Asr, Ldws, Eba, Abs, e mettiamoci pure il freno motore Evbec) che sorveglia e interviene in caso di necessità.

Squadra che vince non si cambia

Al piano inferiore, sotto la cabina, Man conferma l’impostazione del suo specializzato. A partire, ad esempio, dal robusto telaio a longheroni da 9,5 mm di spessore sul quale si innestano le sospensioni, con balestre paraboliche davanti e dietro (ma a tre foglie sugli assi anteriori sterzanti, a cinque su quelli posteriori) coadiuvate da ammortizzatori e barre stabilizzatrici, e la frenata Ebs con sistema misto (dischi anteriori, tamburo posteriori). A muovere il quattro assi di Monaco, la cui tara è contenuta in 10.682 chili (contro i 10.925 del Tgs 41.480 della famosa prova del 2015), c’è il 6 cilindri D 26 corsa lunga nella taratura più muscolosa di 510 cavalli e 265 kgm (470 e 430 le altre due disponibili, insieme al 9 litri D 15 da 400, 360 e 330 cavalli).

Non è soltanto questione di muscoli

Dotato di un solo turbo e smart Egr, alleggerito di una settantina di chili rispetto alla precedente versione con turbo a due stadi e doppio intercooler, questa unità è una garanzia, di guidabilità, efficienza e rendimento. Ad esaltarne doti e qualità, peraltro conosciute da tempo, è la combinazione col cambio automatizzato Tipmatic, un 12 marce (l’ultima in overdrive), la cui strategia di innesto (e scalata) favorisce un’eccellente guidabilità anche nelle situazioni di impiego e sui terreni più difficili. Ancora una volta il Man Tgs si mostra insomma per quel che è: un talento di razza.

Solidità, robustezza ed efficienza del Tgs fanno tesoro dell’esperienza acquisita dalla Man con il predecessore Tga, che viene svelato per la prima volta nell’estate del 2001 (un anno dopo gli stradali) per arrivare in Italia l’anno successivo con due motorizzazioni: 12 e 13 litri con potenze di 360, 410, 460, 510 cavalli. Dopo il lancio del D 20 da 10,5 litri e il restyling del 2004, nell’autunno 2007 il modello cede il testimone al Tgs, che debutta con il 10,5 e il 12,5 litri da 400, 440 e 480 cavalli Euro 4 con Egr.

IL LANCIO DEL TGS NEL 2007
MAN TGS

Il giudizio di VeT

Fuori, dentro e soprattutto sotto, sono più di uno gli elementi distintivi meritevoli di sottolineatura dello specializzato Man per la cava. Che naturalmente la più recente generazione del modello conferma. E la combinazione tra il motore D 26 da 510 cv e il cambio automatizzato Tipmatic esalta. Perchè anche sul terreno più insidioso, sulle pietre, sui sassi e laddove l’aderenza si fa precaria, il Tgs sembra viaggiare su un binario, manco fosse su un asfalto liscio come il tavolo di un biliardo.

Non che non piaccia, ma considerata la mission del veicolo e il suo impiego, quell’innovativo (e inedito) poggiapolso a centro plancia, o chiamatelo come volete, ha il sapore di un qualcosa di superfluo. Un tocco di classe, pratico e funzionale fin che si vuole, di cui nella cabina di un cava si poteva fare anche a meno.

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