Lo scontro sull’autoproduzione portuale non accenna a placarsi. Dopo l’annuncio da parte di Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti dello sciopero dei lavoratori dei porti per il prossimo 24 luglio, nella giornata di ieri si sono susseguite svariate dichiarazioni. Dichiarazione che hanno riguardato la scottante tematica dell’autoproduzione, al centro di un emendamento del DL Rilancio che, proprio in questi giorni, sta per essere convertito in legge.

Ci sono due fronti contrapposti. Da una parte, le sigle sindacali, combattive sulle tutele dei lavoratori portuali. Dall’altra, le associazioni di categoria degli armatori, sui quali il nuovo emendamento andrebbe ad impattare più gravosamente.

Da una parte quindi la posizione di ALIS, l’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile. Questa la loro posizione, espressa tramite le parole del Direttore Generale di Marcello Di Caterina.

“Preoccupazione nei confronti degli emendamenti al disegno di legge di conversione del Decreto Rilancio in materia di trasporto marittimo. In questo modo introdurrebbero “specifiche autorizzazioni per l’esercizio delle operazioni portuali, da effettuarsi all’arrivo o alla partenza delle navi”.

Dall’altra quella di Uiltrasporti e del suo segretario generale Claudio Tarlazzi.

“Gli armatori bocciano l’emendamento sull’autoproduzione perchè vorrebbero un sistema portuale basato sullo sfruttamento dei lavoratori marittimi”.

autoproduzione portuale

Autoproduzione portuale, una disciplina complessa

Dalla nota di ALIS:

Secondo il nuovo emendamento (articolo 199-bis rubricato “Norme in materia di operazioni portuali”) si può procedere “con l’autoproduzione solo nel caso in cui nel medesimo porto non siano disponibili società autorizzate ai sensi degli articoli 16 e 17.

Inoltre, le autorizzazioni dell’Autorità di Sistema Portuale “andrebbero fornite ad ogni toccata e sarebbero da richiedere entro 10 giorni rispetto alla data di presunto arrivo nave”. Quindi, non più ogni quattro anni, come invece accade ora.

“Infine, il canone oggi commisurato ai volumi di traffico diventerebbe molto più oneroso in quanto commisurato al numero di scali, raggiungendo il valore di 1.500€ a scalo per le navi oltre i 100 metri”.

Una disciplina complessa quella dell’autoproduzione portuale (o self-handling) che, da molti anni, vede contrapporsi i due fronti sopra citatati.

Ma in cosa consiste esattamente?

Regolata dall’art. 16 della legge 84/94 e dal successivo decreto ministeriale 585 del 1995, l’autoproduzione permette di utilizzare l’equipaggio delle navi per effettuare le operazioni di rizzaggio e derizzaggio. Ovvero, il carico e lo scarico delle merci con la relativa messa in sicurezza tramite funi o supporti. Operazioni che, in altri casi, effettuano invece gli operatori portuali.

Da una parte c’è quindi il rischio che si vengano a creare forme di concorrenza impropria, generalmente giocate sul ribasso degli stipendi della forza lavoro. Dall’altra la concreta possibilità che le misure di sicurezza vengano meno, con lavoratori costretti a svolgere più mansioni sulla stessa nave (ormeggio, pilotaggio ecc).

Una situazione che nel corso degli anni ha dato origine a svariate interpretazioni e a una confusione normativa che influisce negativamente sul corretto svolgimento delle stesse operazioni portuali.

Anche Assologistica lo ha ribadito.

“Negli ultimi 2 anni si è assistito ad applicazioni difformi ed interpretazioni soggettive delle norme”. Infatti, “in alcune realtà portuali il ricorso all’autoproduzione da parte dei vettori marittimi è avvenuto al di fuori delle norme determinando distonie tra diversi porti e pregiudizio per i lavoratori e le imprese”.

Queste le parole in merito del Presidente di Assologistica Andrea Gentile.

“Il rispetto delle norme è un elemento imprescindibile e se le regole non sono chiare e determinano un’applicazione difforme vanno modificate migliorandole”. Non solo “per evitare situazioni di dumping, ma anche perché vengano garantiti elevati standard di sicurezza”.

autoproduzione portuale

Uiltrasporti, “lo sfruttamento dei lavoratori marittimi deve cessare subito”

Uiltrasporti ha sottolineato che “anche il regolamento europeo ora considera il rizzaggio/derizzaggio delle merci a bordo delle navi una operazione portuale e non più nautica. Questo, a differenza di qualche Autorità di Sistema Portuale che persevera in una interpretazione sbagliata”.

“È ora che anche nei porti dove viene praticata l’autoproduzione, spesso non osservando neppure le condizioni di legge, sia chiaro chi fa cosa. Deve cessare subito lo sfruttamento dei lavoratori marittimi, che si devono sobbarcare il lavoro durante la navigazione e poi quello di sbarco/imbarco.”

“Infine – prosegue il Segretario della Uiltrasporti – è bene che anche le istituzioni tengano conto del fatto che l’ipotesi di estendere l’autoproduzione squilibra gli organici dei porti, tagliando occasioni di lavoro per i lavoratori portuali, aumentando il ricorso alla cassa integrazione pagata dallo Stato”.

Squilibri al centro delle motivazioni che hanno portato la sigla sindacale, insieme a Filt-Cgil, Fit-Cisl, a dichiarare lo sciopero del 24 luglio a favore delle tutele e delle regole del lavoro marittimo portuale.

ALIS, nuovo emendamento

“Un vero passo indietro per l’intera portualità italiana”

Dal canto suo, ALIS ribadisce la sua contrarietà alle modifiche inserite nell’emendamento del DL Rilancio. Lo fa appellandosi all’articolo 9 della legislazione antitrust, la legge n. 287/1990. Una Legge che garantisce agli operatori economici il diritto all’autoproduzione quindi, in teoria, “anche agli armatori nel settore marittimo”.

Secondo il Direttore Generale di ALIS i nuovi requisiti contenuti nell’emendamento sono “un vero passo indietro per l’intera portualità italiana”. Inoltre, rappresentano degli ostacoli “soprattutto per le navi impegnate nelle Autostrade del Mare con frequenze elevate”.

“Tutto questo – aggiunge Di Caterina –comporterebbe una profonda lesione della competitività del settore marittimo, nonché l’aumento dei costi per le compagnie armatoriali. Queste, infatti, si ritroverebbero a non poter più disporre del proprio personale e, di conseguenza, si creerebbero abusi di posizione dominante”.

“ALIS, comprendendo che in un momento di grande difficoltà per l’intero Paese sarebbe opportuna e ragionevole una soluzione che eviti nuove concessioni o iniziative per l’autonomia degli operatori del settore e che quindi non comprometta la situazione esistente, auspica una riformulazione dell’intervento normativo proposto nella conversione del DL Rilancio – conclude il DG Di Caterina – che risulterebbe dannoso sia sul piano organizzativo che su quello economico, provocando appunto gravi ripercussioni sui volumi dei traffici lungo le direttrici marittime, sull’occupazione nel settore e sull’utilizzo della conversione modale e delle Autostrade del Mare, modalità di trasporto promosse con convinzione non solo dalla nostra Associazione, ma anche e soprattutto dall’Unione Europea”.

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