La rete di ricarica italiana cresce, ma non basta: l’ultima analisi di Motus-E
Il settore sollecita un maggiore impegno da parte delle Istituzioni per sostenere un’espansione ormai sempre più complessa: "La rete di ricarica italiana ha messo a segno l’ennesimo significativo passo avanti, ma per gli operatori sostenere questa crescita sta diventando sempre più complicato", osserva il presidente di Motus-E, Fabio Pressi.
La diffusione dell’infrastruttura di ricarica per veicoli elettrici in Italia continua a procedere, ma il settore sollecita un maggiore impegno da parte delle Istituzioni per sostenere un’espansione ormai sempre più complessa. È quanto emerge dall’ultimo monitoraggio trimestrale di Motus-E, secondo cui al 30 settembre 2025 i punti di ricarica pubblici installati hanno raggiunto quota 70.272, con un incremento di 2.711 unità nel terzo trimestre e di 9.933 negli ultimi dodici mesi.
L’analisi di Motus-E sulla rete di ricarica italiana
La rete autostradale conta 1.274 punti di ricarica, con una forte prevalenza di quelle ad alta potenza (86% in corrente continua, 63% oltre i 150 kW), portando al 48% la quota delle aree di servizio dotate di colonnine.
Sul fronte regionale, la Lombardia conferma il primato con 14.242 punti, seguita da Lazio, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna. A livello provinciale spiccano Roma (5.881), Milano (4.970) e Napoli. Migliora anche il dato sulle infrastrutture installate ma non ancora allacciate: la quota scende dal 18% al 14% in un anno.
Nonostante i progressi, Motus-E segnala criticità strutturali: “La rete di ricarica italiana ha messo a segno l’ennesimo significativo passo avanti, ma per gli operatori sostenere questa crescita sta diventando sempre più complicato”, osserva il presidente Fabio Pressi, che sottolinea anche “ritardi nell’adozione dei veicoli elettrici e criticità normative e autorizzative”.
Da qui nasce il manifesto “Ricaricare l’Italia”: una piattaforma tecnica condivisa per definire priorità e interventi urgenti, di cui abbiamo parlato approfonditamente qui.
“Gli operatori, dopo oltre 1,8 miliardi di investimenti, devono essere messi nelle condizioni di accelerare lo sviluppo di un’infrastruttura strategica“, conclude Pressi.