Meno lamentele, più soluzioni: il ritratto di Alessandro Peron, Segretario Generale FIAP
Con Alessandro Peron, da poco confermato Segretario Generale di FIAP, abbiamo fatto una bella chiacchierata da cui è emersa con chiarezza la sua visione relativa al futuro della Federazione e a quelli che sono i temi d’attualità nel settore dell’autotrasporto: dalle marginalità troppo basse alla logistica che fatica a trovare manodopera specializzata, passando per ETS e attese al carico/scarico.
Scambiare due chiacchiere con Alessandro Peron, da poco confermato Segretario Generale di FIAP, è sempre interessante. Nelle sue parole, presente e futuro si fondono alla perfezione: da un lato una visione chiara, permeata da idee la cui cifra distintiva è senza dubbio quella del pragmatismo; dall’altro la capacità di vivere intensamente il qui e ora, il territorio, le imprese che sono l’anima di un’associazione che da oltre 70 anni vive al fianco di chi opera nel settore dell’autotrasporto.
A Peron abbiamo chiesto di FIAP e dei suoi obiettivi. Con lui abbiamo affrontato alcuni dei problemi atavici del settore: marginalità troppo basse e logistica che fatica a trovare manodopera specializzata. E poi, appunto, l’attualità: ETS e attese al carico/scarico su tutti.
Non più tardi di settembre è stata sostanzialmente riconfermata la squadra di FIAP, compreso il suo ruolo da segretario generale. Cosa significa, come va interpretato tutto questo?
“Prima di tutto è un riconoscimento al Presidente, che nel precedente mandato aveva assunto l’incarico a metà periodo. In questi ultimi due anni la crescita della Federazione è stata evidente, e il Consiglio – rinnovato comunque per quasi il 50% – ha scelto di confermare la stessa governance.
Abbiamo la fortuna di avere un Presidente atipico, che non vive la carica come un trampolino di lancio personale, ma come una responsabilità. Il suo ruolo è garantire che le decisioni del Consiglio nazionale vengano portate avanti dal Segretario generale, che agisce come amministratore delegato.
In FIAP ragioniamo con un’impostazione manageriale: il Consiglio nazionale è come un Consiglio di amministrazione, il Presidente rappresenta la figura di garanzia, non è operativo. È un modello diverso da quello di molte altre associazioni in cui non c’è ricambio e non c’è confronto, né crescita. La nostra è un’associazione viva, con imprese che partecipano attivamente. La conferma del Presidente è un segnale di fiducia verso una governance che mette al centro la Federazione: da noi tutti gli imprenditori, indipendentemente dalla quota associativa, contano uno”.

Tra le iniziative più in vista degli ultimi tempi ci sono gli incontri sul territorio, con l’evidente intento di portare anche il mondo della politica più direttamente a contatto con le imprese. Come sta andando e che tipo di riscontro state avendo?
“Noi ripetiamo spesso una frase: ‘Non puoi pretendere un cambiamento se continui a fare sempre le stesse cose’. Il mondo del trasporto vive di schemi consolidati, ma io vengo da un altro settore e questo mi aiuta a guardare le cose in maniera più oggettiva. Il mio approccio è imprenditoriale: conosco per esperienza diretta i problemi di chi gestisce un’azienda – dagli F24 alle fatture, dalle cause di lavoro alla ricerca del personale – per questo cerco di portare una cultura diversa: meno lamentele e più soluzioni.
Un imprenditore non ha bisogno di sconti o assistenzialismo, ma di chiarezza, onestà e strumenti per capire dove sta andando il mercato. Chi si associa a noi lo fa perché crede nel progetto, non per convenienza.
Gli incontri sul territorio nascono proprio dalla necessità di costruire momenti di confronto vero, dove si fa networking e in cui è vietato lamentarsi. L’obiettivo è far sì che gli imprenditori escano carichi, con idee e motivazioni rinnovate. Il riscontro è positivo: lo dimostra il fatto che molti partecipano a più tappe di FIAP incontra le imprese, anche se i contenuti – almeno in parte – si ripetono. Questo accade perché i presenti trovano nuove energie attraverso un confronto sano e costruttivo. Il messaggio è: quando siamo in FIAP diventiamo colleghi, non più concorrenti, che condividono problemi e soluzioni.
Questa, lo dico da ex manager, è l’unica strada percorribile: da soli non si va lontano. Fare squadra non è un’idea romantica: è una necessità per sopravvivere”.
Peron e i problemi del mondo autotrasporto
Domanda secca: cosa può fare il mondo dell’autotrasporto per aumentare le marginalità tradizionalmente basse? È utopia pensare di trattare con la committenza da una posizione diversa, o magari facendo rete tra imprese dello stesso settore? E cosa possono fare associazioni e federazioni, in questo senso?
“Il guaio è che la committenza, vent’anni fa, ha capito quanto potere aveva il settore del trasporto e ha adottato la regola del “dividi et impera”. Ha sostenuto associazioni incapaci di tutelare davvero le imprese di trasporto, abituandole a chiedere aiuti allo Stato invece di far valere i propri diritti verso i clienti.
Il risultato è un mercato drogato, con troppa offerta e margini ridotti. Si continua a parlare di mancanza di autisti, ma se davvero mancassero, i prezzi salirebbero. Invece scendono. Il problema non è la carenza di personale, ma il valore riconosciuto al lavoro. Bisogna smettere di cercare manodopera a basso costo per assecondare clienti che non vogliono pagare. Il trasporto non guadagna a chilometro, ma sul servizio: come ogni altro settore, deve essere remunerato a valore”.
Nei prossimi anni si farà fatica a trovare autisti e addetti in grado di soddisfare il fabbisogno di manodopera nella logistica. Tra le tante possibili soluzioni di cui si parla per affrontare la questione, ce n’è qualcuna effettivamente percorribile, secondo lei?
“Lo Stato non deve statalizzare la logistica, ma garantire un mercato equo e competitivo. Deve evitare che pochi operatori predominanti diventino monopolisti, perché il monopolio danneggia tutti.
Serve invece sostenere le imprese italiane che pagano le tasse in Italia, che creano occupazione e ricchezza qui. Gli incentivi devono premiare chi è sano e produce utile, non dare sussidi a pioggia chi vive di rimborsi o scorciatoie.
Il rischio più grande è che gli imprenditori perdano entusiasmo. Quando succede, vendono. E allora le aziende sane finiscono in mano a multinazionali straniere, mentre in Italia restano solo quelle irregolari. Fare impresa non è per tutti, ma chi lo fa deve essere messo nelle condizioni di crescere, con regole chiare e meritocrazia”.

ETS e attese al carico/scarico
Passiamo a due temi molto attuali: ETS e attese al carico/scarico. Sul primo, la data di entrata in vigore si avvicina, sebbene a inizio novembre il Consiglio Ambiente dell’Ue abbia avanzato la proposta di posticiparla di un anno, dal 2027 al 2028…
“L’ETS è una questione politica, non solo economica. L’Italia, a differenza di Germania o Francia, è un Paese di trasformazione: importiamo materie prime ed esportiamo valore aggiunto. La nostra posizione geografica è complessa – con le Alpi e due grandi isole – e se ci vengono imposte tasse sui trasporti navali, diventiamo ovviamente meno competitivi. Abbiamo chiesto al governo trasparenza sui costi effettivi dell’ETS per tratta, ma finora le risposte non sono arrivate. Senza regole chiare, si rischia di penalizzare l’intero sistema produttivo nazionale. Questo va detto con grande chiarezza, e noi lo ribadiamo da tempo (proprio un anno fa, a Ecomondo 2024, FIAP ha promosso un convegno sul tema, ndr)”.
Sul secondo tema, la nuova norma che disciplina le attese dei trasportatori al carico/scarico, sono state contrastanti, le reazioni sono state contrastanti, finora, con il ministero “costretto” di recente a confermare l’inderogabilità della regola. Qual è la vostra posizione?
“La norma sulle attese al carico e scarico, per quanto ci riguarda, è chiarissima, e il ministero non ha fatto altro che ribadirlo: non si tratta di una ‘penale’ per l’autotrasportatore, ma di uno stimolo per il committente a organizzarsi meglio e ridurre le inefficienze. È un tema di sicurezza e dignità del lavoro. Chi dice che creerà conflitti sbaglia prospettiva: l’obiettivo è avere una filiera più efficiente, non alimentare scontri. Se i camion non restano fermi ore nei piazzali, ci guadagna il sistema nel suo complesso, con autisti meno provati e maggiore sicurezza sulle strade.
Io spero che tra due anni nessuno debba più applicare la penale, perché significherebbe che il problema è stato risolto. Ma finché servono regole per far rispettare il lavoro, ben vengano”.
Perché, allora, da più parti sono arrivate richieste di chiarimenti al ministero? E non soltanto dai rappresentanti della committenza…
“È vero, ma c’è anche un errore di fondo. Un parere ministeriale non ha valore vincolante: o si fa una nuova legge, o si attende una sentenza. Tutto il resto sono interpretazioni di comodo, spesso diffuse da chi vuole fare di tutto per non applicare la norma.
Purtroppo, anche nel mondo associativo, ci sono contaminazioni che non fanno bene al settore e agli interessi delle aziende di trasporto. Chi viene da fuori, come me, lo vede chiaramente. È anche per questo che il settore fatica a evolversi. Ma noi continueremo a lavorare per fa sì che le cose cambino”.